La stipsi o stitichezza é una patologia funzionale caratterizzata da un disturbo dell’evacuazione dovuta ad un rallentato transito intestinale, la cosiddetta stipsi colica, ovvero ad una difficile espulsione delle feci contenute all’interno dell’ampolla rettale (sindrome da ostruita defecazione). La stitichezza é più frequente nelle donne.

STIPSI

Inquadrare il problema

La stipsi può essere espressione di:
- malattie metaboliche come il diabete e l’uremia
- malattie neurologiche quali il Parkinson
- malattie endocrine come il feocromocitoma
- malattie psichiatriche quali ansia e depressione
- intossicazione da piombo, mercurio e arsenico
- abuso di farmaci (diuretici, antidepressivi, oppiacei).

L’obiettivo della visita proctologica é ricercare la presenza di eventuali cause di interesse chirurgico quali:
- tumore del colon-retto
- ostruzione funzionale (deficit di movimento del pavimento pelvico, di rilasciamento dello sfintere esterno e del muscolo puborettale con l’atto defecatorio)
- sindrome da ostruita defecazione dovuta ad una ostruzione meccanica.

Diagnosi
Dopo la visita proctologica possono essere utili indagini per una più esatta definizione e per selezionare i pazienti per l’intervento:
- tempi di transito intestinale con markers radiopachi
- defecografia
-
ecografia endonale e perineale (per documentare l’esistenza del prolasso a tutto spessore o un prolasso mucoemorroidario e l’eventuale interruzione dello sfintere)
- RM statica, morfologica e dinamica
- elettromiografia
-
manometria anorettale.

Se non é riscontrata una causa di stipsi si parla di stipsi idiopatica in cui il riflesso retto-anale risulta conservato. Esistono due tipi di pazienti con stipsi idiopatica:
- da inerzia del colon da degenerazione dei plessi nervosi della tonaca sottomucosa del grosso intestino;
- da aree di ipersegmentazione colica che determinano un ritardo del transito delle feci dovuta probabilmente ad una alterata secrezione dell’ormone vasoattivo intestinale (VIP).


Terapia medica
Modificare lo stile di vita: attività fisica regolare, ritualizzare il momento della defecazione ad ore precise della giornata, adeguata introduzione di liquidi.
Uso di lassativi (fibre e agenti formanti massa come lo psyllio, lassativi osmotici come lattulosio, magnesio e PEG, lassativi emolienti come la glicerina e la paraffina, lassativi stimolanti come aloe, senna e bisacodile, lassativi procinetici ed altri lassativi).
Assunzione di fibre alimentari solubili contenute nella frutta, nella verdura e in alcuni legumi e insolubili come la crusca.
Metodi fisici per svuotare il retto come perette e rettoclisi.
Riabilitazione del pavimento pelvico.

Quando rivolgersi al chirurgo
Nella maggior parte dei casi il disturbo può essere risolto con la correzione di alcune abitudini alimentari e dello stile di vita. Il medico di base sarà in grado di eseguire una prima valutazione del problema, fornire i consigli del caso e, quando necessario, richiedere ulteriori accertamenti ed inviare il paziente allo specialista. Si consiglia una valutazione chirurgica - coloproctologica in caso di stipsi ostinata, non responsiva al trattamento, specie se di recente insorgenza, accompagnata ad abuso di lassativi o ad altri segni e sintomi suggestivi di patologia intestinale.

Trattamento chirurgico
L’opzione chirurgica deve essere presa in considerazione solo dopo un preciso inquadramento del problema ed una attenta valutazione dei benefici attesi e dei possibili rischi legati alla procedura. Il tipo di intervento dipende dalla causa della stipsi, dalla gravità, dalle condizioni e dall’età del paziente, nonchè dall’esperienza del chirurgo.


SINDROME DA OSTRUITA DEFECAZIONE
La sindrome da defecazione ostruita (ODS) é una condizione clinica caratterizzata dalla difficile espulsione delle feci contenute all’interno dell’ampolla rettale che vede nel prolasso rettale interno o nell’intususcezione rettale il principale meccanismo patogenetico.

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Cause
La sindrome da defecazione ostruita riconosce diverse possibili cause:
- stenosi (benigne e
maligne)
- ulcera solitaria del retto
- discesa del perineo
- prolasso mucoso anteriore del retto
-
prolasso rettale
-
rettocele
- enterocele (dislocazione di anse intestinali a livello pelvi-perineale)
- intususcezione retto-rettale e retto-anale

Inquadrare il problema: i criteri di Roma IV
Per quanto riguarda i disordini funzionali della defecazione, i Criteri di Roma IV non hanno portato a significativi cambiamenti lasciando invariati i tre principali criteri diagnostici (alterato test di espulsione del palloncino endorettale, dimostrazione di alterata evacuazione alla defecografia, alterata funzione alla manometria anorettale).
La diagnosi viene effettuata dal proctologo. Una accurata raccolta della storia clinica, l’esame obiettivo e l’ano-rettoscopia sono alla base della valutazione. Per una esatta definizione occorre completare con accertamenti endoscopici e radiologici tra cui ricordiamo la defecografia, l’ecografia endoanale o perineale, la RM e la manometria anorettale a seconda dei casi.

Terapia medica
La terapia conservativa si basa sulla dieta ad alto residuo e sulla riabilitazione, compresa la stimolazione del tibiale posteriore.

Trattamento chirurgico
Sono state proposte diverse tecniche chirurgiche per la sindrome da defecazione ostruita secondaria a prolasso. Tra le più diffuse ricordiamo quelle che prevedono la resezione del prolasso attraverso l’ano quali la STARR (Stapled Transanal Rectal Resection) eseguita con 2 suturartici meccaniche, la Transtar (Contour Transtar Curved Stapler) e più recentemente la prolassectomia con suturartici ad alto volume (High Volume Circular Stapler).

Decorso postoperatorio
Il successo dei trattamenti resetivi transanali è risultato superiore al 90%. Le complicanze delle procedure sono basse: la letteratura riporta 2% di complicanze maggiori e 7% di complicanze minori. Il disturbo postoperatorio più frequentemente lamentato dai pazienti sottoposti a queste procedure é rappresentato dalla cosiddetta urgenza defecatoria che può riguardare fino al 20% degli operati ma che tende a ridursi e risolversi spontaneamente entro un anno dall’intervento.